6/3/2012 00:00:00
Secondo i risultati dell’indagine di AlmaLaurea, che ha coinvolto 400 mila profili usciti dagli atenei italiani, negli ultimi quattro anni le percentuale dei laureati senza lavoro è passata dal 10,8 per cento al 19,6 per cento.
In quattro anni la disoccupazione per loro è praticamente raddoppiata. Dal 2008 al 2011 è raddoppiato anche il loro tasso di disoccupazione: dall’11,2 per cento al 19,4 per cento.
I laureati italiani trovano con sempre maggiore frequenza impieghi di alto profilo nelle imprese al di fuori dei confini nazionali. Sismologi, esperti di marketing e persino ingegneri. Nel 2011 in Italia la domanda di laureati delle imprese è stata pari solo al 12,5 per cento di tutte le assunzioni previste. Negli USA, secondo le stime del decennio 2008-2018, la richiesta dei laureati è pari al 31% del complesso delle nuove assunzioni.
L’Italia del lavoro mostra situazioni sempre più polarizzate. Se nel 2008 il tasso di occupazione dei residenti delle regioni del nord superava di 13,5 punti percentuali quello dei loro coetanei del Mezzogiorno, oggi il differenziale è salito ancora fino a raggiungere il 17 per cento.
Nel 2011 solo il 34 per cento dei laureati specialisti ha potuto siglare un contratto a tempo indeterminato. Il potere d’acquisto degli stipendi è, insieme alla stabilità di un impiego, l’altra variabile cruciale che rende evidente, quanto stia diventando sempre più complesso per i giovani entrare nella società in maniera attiva. In quattro anni lo stipendio netto di un laureato specialistico in termini reali è diminuito del 13 per cento. Nel 2011 lo stipendio netto, a un anno dalla laurea, arriva a mala pena sopra i mille.
In questa complessiva regressione si registra, anche nel campo delle retribuzioni, un’ulteriore peggioramento delle disparità tra i due poli del Paese che, durante gli anni della crisi, sembrano essersi allontanati ancora di più. Se nel 2009 un laureato impiegato in un’impresa del nord guadagnava l’8,2 per cento in più di chi lavorava al sud, nel 2011 il differenziale è arrivato al 16,9 per cento rendendo difficile giustificare una situazione del genere anche a chi è convinto che siano sufficienti i differenti costi della vita a spiegare un fenomeno del genere. E le disparità permangono anche tra uomini e donne.