18/4/2012 00:00:00
Secondo l’Ocse in Italia i prestiti a breve termine alle Pmi hanno mostrato un marcato rallentamento con l’intensificarsi della crisi finanziaria, le condizioni di credito si sono irrigidite e la domanda di credito dalle aziende è calata. Nel nostro Paese, ricorda lo studio, le Pmi costituiscono il 99,9% delle aziende (4.467.058 su 4.470.748 milioni), e rappresentano l’80% della forza lavoro dell’industria e nei servizi. Nel panorama del credito, però, rappresentano una fetta ben più ridotta: il 19% nel 2010, il 18% nel 2008 e 2009. In generale, nell’insieme dell’area Ocse, ricorda l’organizzazione nel rapporto, le Pmi hanno affrontato condizioni di credito più severe rispetto alle grandi aziende, sotto forma di tassi di interesse più elevati, durate abbreviate e richieste di collaterali aumentate. L’organizzazione di Parigi sottolinea anche che il numero di fallimenti tra le piccole e medie imprese italiane nel 2010 è aumentato a 11.289, pari a 20,3 casi ogni 10.000 aziende esistenti, contro 9.429 nel 2009 (17,1 ogni 10.000) e 6.165 nel 2007 (11,2 ogni 10.000). L’Italia è uno dei cinque Paesi (su 13 esaminati nel rapporto), in cui il numero di fallimenti ha continuato ad aumentare anche tra il 2009 e il 2010, insieme a Ungheria, Slovacchia, Danimarca e Svizzera. La debole ripresa economica nel 2010 – spiega il rapporto – non ha permesso un miglioramento significativo nelle condizioni delle aziende, come dimostra l’aumento ancora rapido dell’indicatore. Il calo delle vendite e l’irrigidimento delle condizioni di credito hanno contribuito a problemi di cash flow per le Pmi – spiega l’Ocse – che a loro volta si sono in parte tradotti in aumenti dei tempi di pagamento. D’altra parte, dopo lo scoppio della crisi, i fornitori hanno cominciato a chiedere pagamenti più veloci: per le Pmi, i tempi sono saliti da 15 giorni nel 2008 a 17 nel 2009.