12/6/2012 00:00:00
Secondo il Rapporto annuale Federculture 2012 nel nostro Paese nel 2011 la spesa delle famiglie per la cultura ha raggiunto 70,9 miliardi di euro, con un incremento del 2,6% rispetto al 2010, l’incremento è maggiore di quello registrato da vestiario e alimenti.
In un periodo così difficile si legge nel volume tra il 2008 e il 2011 la spesa per la cultura ha registrato un incremento del 7,2%. Ancora più evidente l’incremento nel decennio 2001-2011: ricreazione e cultura hanno registrato un +26,3%.
Secondo il Rapporto si va di più al teatro (+17,7%), si ascoltano concerti di musica classica (+11%) e si visitano monumenti e siti archeologici (+6%), anche se bisogna considerare che nel complesso la fruizione teatrale nell’ultimo anno è calata del 2,7% e quella dei concerti del 2,8%. Ma i dati sui siti culturali statali spingono all’ottimismo: i visitatori nel 2011 sono stati oltre 40 milioni (+7,5%), per 110,4 milioni di euro di introiti lordi (+5,7%), un trend di crescita quasi costante negli ultimi 15 anni e che ha visto gli ingressi a musei e aree archeologiche passare dai 25 milioni del 1996 ai 40 di oggi (+60,2%). Positivo anche l’andamento del turismo, con il 5,4% in più di arrivi di viaggiatori stranieri rispetto al 2010.
Sempre più evidente è la riduzione del finanziamento pubblico alla cultura: negli ultimi dieci anni il bilancio del MIBAC è diminuito del 36,4%, arrivando nel 2011 a 1.425 milioni di euro contro i 2.120 del 2001. In rapporto al bilancio totale dello Stato lo stanziamento per la cultura ne rappresenta solo lo 0,19%, mentre è appena lo 0,11% del Pil. Una ricerca contenuta nel Rapporto su un campione di 15 Comuni (tra cui Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino) dimostra come tra il 2008 e il 2011 la spesa culturale delle amministrazioni comunali, in particolare per la parte relativa agli investimenti, sia diminuita mediamente del 35%. L’incidenza della voce cultura sui bilanci comunali, nelle amministrazioni considerate, scende al 2,6%. Proiettando questi valori sul totale della spesa in cultura dei Comuni (circa 2,3 miliardi di euro fino al 2009) si può parlare di una perdita per il settore di circa 500 milioni di euro.
Il nostro Paese, stando alla classifica del Country Brand Index, è al primo posto per l’attrattiva legata alla cultura. Stando ai più recenti dati UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development), nel 2010 il valore dell’export italiano di beni creativi è stato di oltre 23 miliardi di dollari, in crescita dell’11,3% rispetto al 2009. In questo settore abbiamo ancora quote di mercato significative: 17% dell’export europeo ed il 6% di quello mondiale. L’Italia mantiene una posizione di leadership: siamo il 4° paese al mondo per esportazioni di beni creativi, mentre in particolare per il design siamo primo Paese esportatore tra le economie del G8. Il settore delle industrie culturali e creative, oggi stimato valere il 4,5% del Pil europeo e il 3,8% degli occupati totali, sarà nei prossimi anni in grande espansione. C’è, però, un’emergenza a cui, stando al Rapporto, bisogna fare fronte al più presto. Il nostro sistema formativo, infatti, sembra perdere capacità di attrarre giovani. Dall’anno accademico 2003/2004 a quello 2009/2010 gli iscritti all’Accademia Nazionale di Arte e all’Accademia Nazionale di Danza sono diminuiti rispettivamente del 7,5% e del 23%. Nell’ultimo anno sono crollate le immatricolazioni negli atenei italiani, i nuovi iscritti sono il 60% dei diplomati. Erano il 70% dieci anni fa. Nella classifica internazionale delle migliori università al mondo, per l’anno accademico 2011/2012, nessuno dei nostri istituti è tra i primi 100: l’Università di Bologna compare, prima tra le italiane, in 183ma posizione; solo 210ma la “Sapienza” di Roma. Siamo tra gli ultimi in Europa per spesa nell’istruzione pubblica: investiamo nel settore il 4,8% del Pil, contro l’8% della Danimarca, il 6,9 dell’Inghilterra, o il 6,2% della Francia.