20/9/2012 00:00:00
Dal rapporto 2012 “Prospettive sulle Migrazioni Internazionali” stilato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, emerge che il rallentamento nella migrazione verso i Paesi Ocse, causato dalla crisi economica globale, sembra volgere al termine. Nel 2010 la migrazione verso i Paesi Ocse è diminuita per il terzo anno consecutivo, ma nel 2011 ha segnato una nuova ripresa nella maggior parte di essi. La migrazione dei lavoratori temporanei ha continuato a diminuire, seppure più lentamente, mentre il numero di persone che entrano nell’area OCSE per motivi di studio ha proseguito a crescere. Nel complesso, i flussi migratori permanenti in entrata verso i Paesi OCSE, più la Federazione Russa, hanno registrato un declino nel 2010, per il terzo anno consecutivo, tuttavia, la flessione è risultata nel complesso modesta (-3% rispetto al 2009) e il numero di migranti – oltre 4,1 milioni – ha sfiorato un picco maggiore rispetto a ogni periodo precedente al 2005 per il quale sono disponibili statistiche omogenee. I dati preliminari mostrano che in gran parte dei Paesi europei membri dell’OCSE, ad eccezione dell’Italia, oltreché in Australia e Nuova Zelanda, l’immigrazione ha iniziato a segnare nuovamente un aumento nel 2011 e il Canada ha registrato un declino significativo, a seguito delle cifre record del 2010. All’interno dell’area OCSE, il 2011 è stato caratterizzato da un peggioramento delle condizioni economiche in alcuni Paesi dell’eurozona, in particolare Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna, che ha generato speculazioni su di un aumento nell’emigrazione. I riscontri disponibili ad oggi indicano che l’emigrazione da questi Paesi è in effetti aumentata, ma solo in misura modesta. I flussi migratori in uscita dei cittadini dei suddetti Paesi sono stati piuttosto esigui, ad eccezione dell’Irlanda, dove le barriere linguistiche all’emigrazione possono rappresentare un problema minore. La migrazione dei lavoratori temporanei tende a reagire con rapidità e decisione ai mutamenti nelle condizioni economiche: di fatto, essa ha registrato una brusca flessione nel 2008 e nel 2009, ma si è osservato solo un modesto calo, pari al 4%, nel 2010. La portata dei flussi di migrazione dei lavoratori temporanei si attesta ora a circa 1,9 milioni di individui, un dato significativamente maggiore rispetto agli 1,4 milioni stimati per la migrazione permanente per motivi di impiego. Nel 2010, gli arrivi di persone che chiedono asilo nei Paesi OCSE si attestavano ad un livello leggermente inferiore rispetto al 2009 e molto al di sotto degli elevati numeri osservati al volgere del nuovo millennio.
La crisi economica non ha pertanto portato ad aumenti importanti nelle richieste di asilo. La Francia è rimasta il Paese che ha accolto il maggior numero di richiedenti asilo nel 2010, seguita da Stati Uniti e Germania.
Il principale Paese di provenienza nel 2010 è stato la Serbia, seguita da Afghanistan e Cina. Nel 2011, questa tendenza è stata ribaltata da un aumento di oltre il 20% nelle domande di asilo, principalmente a seguito della “Primavera Araba” e delle crescenti richieste provenienti dall’Afghanistan. Nel 2010, la Cina è stata ancora una volta il principale Paese di origine dei flussi migratori verso l’OCSE, essendo cittadino cinese quasi un migrante su dieci, seguita da India, Polonia e Romania – ciascuno con una quota pari al 5% del totale. In generale, nell’area OCSE, il tasso di disoccupazione tra gli individui nati all’estero è aumentato di quattro punti percentuali tra il 2008 e il 2011, rispetto ai 2,5 punti per le persone del posto. Ancor più preoccupante è l’aumento nella disoccupazione di lungo periodo tra gli immigrati. Nella maggior parte dei Paesi, i migranti raggiungono una quota compresa tra il 14 e il 30% della percentuale di aumento nella disoccupazione totale di lungo periodo, un dato che, in gran parte dei casi, si attesta molto al di sopra della loro presenza nel totale degli occupati.