11/4/2013 00:00:00
L’Istat nel rapporto “Disoccupati, inattivi, sottoccupati” rileva che sono 5 milioni 720 mila le persone alle prese con un lavoro che non c’è. In Italia, infatti, nel 2012 gli inattivi disponibili a lavorare, in gran parte scoraggiati, sono stati 2 milioni 975 mila, più numerosi dei disoccupati in senso stretto, che ammontano a 2 milioni 744 mila. Questi ultimi in 5 anni sono cresciuti di oltre 1,2 milioni. La situazione non migliora se si allarga la visuale. A fine 2012 il tasso di disoccupazione nell’Eurozona ha continuato a crescere “raggiungendo livelli senza precedenti”, scrive la Bce nel bollettino mensile, ovvero toccando il 12% a febbraio e “un ulteriore calo dei posti di lavoro nel primo trimestre del 2013”.
Gli indicatori sono calcolati sulla base della Rilevazione sulle forze di lavoro che ripartisce la popolazione residente in tre gruppi esaustivi e mutualmente esclusivi (occupati, disoccupati, inattivi), secondo i criteri definiti dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e recepiti dai regolamenti comunitari.
Per rappresentare appieno la complessa realtà del mercato del lavoro, sono stati definiti in sede europea tre indicatori complementari che permettono di andare oltre la rigida distinzione tra occupati, disoccupati e inattivi.
I primi due indicatori riguardano due segmenti della popolazione inattiva:
inattivi disponibili a lavorare: individui che non hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane, ma sono subito disponibili a lavorare;
inattivi che cercano lavoro: individui che cercano lavoro, ma non sono subito disponibili a lavorare.
La somma dei due aggregati rappresenta le cosiddette “forze di lavoro potenziali”.
Il terzo indicatore riguarda i sottoccupati part time: occupati che svolgono un lavoro a tempo parziale, ma dichiarano che avrebbero voluto e potuto lavorare più ore.
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