14/4/2013 00:00:00

Giorgio Squinzi alla platea dei Piccoli Imprenditori, riuniti a Torino afferma che se chiudono le imprese, muore il Paese. Oggi il manifatturiero pesa meno del 17% della ricchezza prodotta in un anno. “Sbaglia chi pensa che senza questo contributo il Pil rimarrebbe elevato. Stiamo giocando con il futuro di 8 milioni di famiglie che vivono di industria”. Ha aggiunto Squinzi: ”Speravamo di poter discutere qui del programma dei primi 100 giorni di un nuovo, stabile governo, invece siamo a più di 50 giorni di inerzia totale, con il peggior risultato: la vittoria del non governo”. Un ritardo che è costato un punto di Pil. “Parlare di crescita, che è la priorità, oggi sembra un azzardo se non un miraggio”. Servono “fiducia e affidabilità”, oltre che un governo stabile. Gli indici italiani, spiega Squinzi, non sono più solo il frutto della tempesta finanziaria o della crisi di domanda globale, ma “dell’inadeguatezza di un sistema politico che strangola lavoratori e imprese”. Numeri che sono “frutto del non governo, della mancanza di quel minimo di responsabilità da parte di tutti. Bisogna sospendere le ormai più che ventennali ostilità e dare al Paese un governo”. Credito, investimenti, occupazione: sono il «mantra» che Squinzi ripete.
Il documento che Confindustria ha messo a punto a gennaio è una ricetta per portare l’Italia fuori dalle secche. “Abbiamo offerto questa proposta alle forze politiche, ne abbiamo ricevuto solo consensi, magie della campagna elettorale. Questo è il nostro progetto e lo difenderemo”. Dentro c’è anche il pagamento dei debiti della PA, per 48 miliardi. Su un monte debiti di poco meno di 100 miliardi ne sono stati messi a disposizione 40. “Pochi, ma è un inizio”. Piuttosto, il provvedimento è di difficilissima lettura e applicazione, Squinzi conta sulle modifiche in Parlamento. “Non molleremo la presa fino a che tutto quanto sarà saldato”.
 

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