5/6/2013 00:00:00
Secondo il Centro studi Confindustria tra il 2007 e il 2012 sono cessate 55mila imprese, con una contrazione di oltre otto punti percentuali.
La crisi “ha già causato la distruzione di oltre il 15% del potenziale manifatturiero italiano, con una punta del 40% negli autoveicoli e cali di almeno un quinto in 14 settori su 22. In Germania, invece, il potenziale è salito (+2,2%), anche se con alta varianza settoriale. In condizioni analoghe a quelle italiane versano le industrie francesi e spagnole”.
Tra i settori, la quota di cessazioni maggiori si è avuta nel farmaceutico, nel tessile, nella pelletteria e nell’abbigliamento. “Abbiamo perso il 15% capacità produttiva – spiega il direttore del centro studi, Luca Paolazzi – questo significa che per tornare ai livelli pre-crisi non basta la ripresa della domanda ma bisogna ricreare un bel pezzo di capacita produttiva”. Secondo il rapporto, “lo sviluppo industriale arriva solo se è perseguito con determinazione dalle politiche economiche”.
Sul fronte occupazionale, l’industria italiana rischia di perdere altri posti di lavoro nei prossimi mesi, oltre ai 539mila occupati in meno dal 2007 al 2012. “Il numero degli occupati nel manifatturiero italiano è sceso in misura rilevante di circa il 10%”, anche se “molto meno” rispetto alle “maggiori economie avanzate ad esclusione di quella tedesca”. Alla luce della dimensione raggiunta nel manifatturiero dai cali di attività e di fatturato rispetto alla situazione pre-crisi, “le imprese italiane saranno, però, probabilmente costrette a tagliare ulteriori posti di lavoro nei prossimi mesi”. In questa crisi, si spiega nel rapporto, “la caduta di occupati ha già raggiunto le 539mila persone (2007-2012) e superato le -490mila rilevate tra il 1990 e il 1994 e rischia di superare quella registrata tra 1980 e il 1985 (-724mila), ma a differenza di quanto avvenuto nei primi anni ottanta l’espulsione di manodopera in corso non appare corrispondere a un’esigenza di ricerca di maggiore efficienza nel settore”.