24/5/2016 00:00:00
Il Fondo monetario internazionale alza all’1,1% dall’1% la stima di crescita dell’economia italiana nel 2016 ma avverte che le previsioni sono affette da rischi al ribasso.
Concludendo la consueta missione ex Article IV, i tecnici di Washington sostengono infatti che la volatilità dei mercati finanziari, il rischio Brexit, l’emergenza immigrazione ed i “venti contrari generati dal rallentamento delle attività commerciali a livello mondiale” potrebbero affievolire la già modesta fase di ripresa.
Il prodotto interno lordo dovrebbe crescere di circa l’1,25% nel 2017-2018, mentre per il ritorno a livelli di produzione pre-crisi (2007) bisognerà aspettare metà del prossimo decennio, si legge nel comunicato diffuso al termine della visita del capo missione, Rishi Goyal, e del vicedirettore per il Dipartimento europeo, Thanos Arvanitis.
Il governo ha indicato per quest’anno una crescita dell’1,2%, per il 2017 dell’1,4% e per il 2018 dell’1,5%.
“La crescita nominale potrebbe essere troppo debole per risolvere stabilmente le fragilità finanziarie ed i bilanci potrebbero continuare a costituire una fonte di vulnerabilità, poiché il loro risanamento richiederebbe un periodo prolungato”.
L’Fmi dà atto al governo di aver stilato un elenco “impressionante” di riforme e reputa “indispensabile” che “tali sforzi siano ampliati e completati”.
“È dunque importante che per il futuro si mantenga un ampio sostegno politico a favore di un vasto pacchetto di riforme”.
I rappresentanti del Fondo, che hanno incontrato i giornalisti al ministero dell’Economia, hanno anche sollecitato “un programma ambizioso di privatizzazioni” per un “repentino” calo del debito pubblico. [nL5N18854J]I margini di flessibilità concessi dall’Europa all’Italia offrono poi “un’importante opportunità ed il necessario margine in materia di policy per procedere con maggiore decisione alle riforme strutturali, anche nel settore fiscale”.
Per il 2016 Bruxelles ha accordato all’Italia una flessibilità per il deficit dello 0,85%, considerata senza precedenti. [nL5N18F304]FMI CHIEDE RIFORMA CONTRATTI, OCCHIO A SPESA PENSIONI
Il Fmi chiede all’Italia una riforma della contrattazione collettiva “che allinei i salari alla produttività”, intervento che contribuirebbe a migliorare la competitività e ad integrare il Jobs Act.
Il governo ha rinviato a dopo l’estate una riforma che valorizzi il secondo livello di contrattazione. [nL5N1834AG]Ridurre in modo significativo l’alto cuneo fiscale “potrebbe richiedere difficili scelte politiche, riguardanti possibilmente anche gli alti livelli di spesa sociale e l’introduzione di una moderna tassa sugli immobili”, dice l’Fmi aggiungendo che “è importante non compromettere la sostenibilità del sistema pensionistico”.
La prossima legge di Stabilità dovrebbe contenere un intervento per rendere più flessibile l’uscita dal lavoro.
Allo studio anche una riduzione stabile del cuneo fiscale e contributivo.
Infine, suggeriscono Goyal e Arvanitis, “un ampliamento delle basi imponibili, comprensivo della razionalizzazione delle relativamente alte spese fiscali (tax expenditures) costituirebbero un ulteriore passo nella giusta direzione”.