26/5/2016 00:00:00

La nostra economia è senza dubbio ripartita. Ma non è in “ripresa”. È una risalita modesta, deludente, che non ci riporterà in tempi brevi ai livelli pre-recessione. Le conseguenze della doppia caduta della domanda e delle attività produttive sono ancora molto profonde.
Per risalire la china dobbiamo attrezzarci al nuovo paradigma economico. Noi imprenditori dobbiamo costruire un capitalismo moderno fatto di mercato, di apertura ai capitali e di investimenti nell’industria del futuro.
Non partiamo da zero, anzi. Il passaggio è già in atto.
Però, non ovunque e con la stessa intensità.
Ce lo dice la performance delle imprese, per analizzare la quale le medie di settore non hanno più significato: ci sono imprese che vanno benissimo e imprese che vanno malissimo.
Avevamo notato questa tendenza già nei primi anni Duemila. Dal 2008 è esplosa.
Da un lato, abbiamo imprese e imprenditori che hanno colto tutte le opportunità e hanno superato la crisi. L’hanno superata perché hanno innovato. Hanno esportato. Perché hanno modernizzato la governance. Hanno superato la crisi perché hanno creduto nelle competenze dei propri collaboratori. Hanno aperto il capitale dell’impresa.
All’estremo opposto, invece, ci sono imprese e imprenditori che non hanno innovato e non si sono modernizzati.
Fra questi c’è chi non ha retto e ha chiuso.
E c’è chi si difende puntando solo sui bassi prezzi, tagliando anche le voci di bilancio strategiche, come l’investimento in ricerca, sviluppo e innovazione. È una reazione di pura sopravvivenza, che nel medio- lungo periodo conduce a un vicolo cieco.
In mezzo gli altri, che sono la maggioranza e che sono a un bivio: possono agganciarsi al gruppo di testa, oppure scivolare in quello di coda.
Come Confindustria, e come Paese, il nostro compito è fare sì che il maggior numero di loro imbocchi la strada giusta.

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