21 aprile 2022

Illegalità e criminalità organizzata hanno conseguenze devastanti sulle piccole e medie imprese italiane. Una sintesi sugli effetti dell’usura nel panorama del terziario di mercato.

I fenomeni illegali (contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione) alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la diminuzione degli investimenti. Questi fenomeni impattano pesantemente sul sistema economico-sociale, fanno chiudere le imprese oneste, fanno perdere posti di lavoro, non tutelano  i consumatori, riducono la sicurezza pubblica e naturalmente alimentano  la criminalità organizzata.

Il perdurare della pandemia e gli effetti delle restrizioni su imprese ed economia hanno determinato la necessità di concentrare l’attenzione su fenomeni criminali, quali l’usura, e sui tentativi di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico.

Fin dall’avvio dell’emergenza sanitaria, poi, il credito ha assunto un ruolo cruciale per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, private delle loro entrate, o comunque investite da shock imponenti sulla loro attività economica. Il bisogno di liquidità e il rischio usura sono diventati, quindi, oggetto di indagine mirate.

Su questo tema sono state affidate da Confcommercio a istituti di ricerca qualificati, come ad esempio l’Istituto Format Research, periodiche indagini campionarie nazionali, rivolte alle imprese rappresentate, e finalizzate a far emergere quelle situazioni “grigie” che difficilmente vengono esplicitate chiaramente, nonché le condizioni che determinano l’esposizione al rischio usura, nel quale la liquidità è il discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla.

Sono, infatti, le imprese che non hanno ricevuto pieno soddisfacimento della propria richiesta di credito quelle sulle quali è stata calcolata, dall’Ufficio Studi, la platea di attività “potenzialmente” esposte a rischio usura.

Indagine sul rischio usura per le imprese italiane

In occasione della nona edizione della Giornata di Confcommercio “Legalità, ci piace“, la Confederazione, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Format Research, ha svolto un’indagine riguardo al rischio usura e fenomeni illegali per le piccole e medie imprese italiane.

L’indagine è stata sviluppata su un campione statisticamente rappresentativo delle imprese del terziario di mercato fino a 50 addetti del terziario (commercio all’ingrosso, commercio al dettaglio alimentare, commercio al dettaglio non alimentare, tabacchi, alloggio, ristorazione, bar e trasporti).

È un’indagine ampia, congegnata in modo tale da isolare, per quanto possibile, gli eventi potenzialmente collegati a fenomeni criminali, in particolare relativi all’usura e alle manifestazioni illegali ad essa connessi. Si espone, di seguito, una sintesi della ricerca.

La percezione degli imprenditori sui fenomeni illegali

Criminalità e percezione del fenomeno influenzano i comportamenti d’investimento da parte degli imprenditori e contribuiscono, quindi, a comprimere la crescita di lungo termine dell’economia.

L’analisi evidenzia un peggioramento della percezione dei livelli di sicurezza tra le imprese del terziario di mercato. Quasi il 12% degli imprenditori, infatti, percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021. Il dato è più accentuato nelle grandi città (16,2%), al Sud (16,6%), per le imprese del commercio al dettaglio alimentare (15,1%) e per gli alberghi (20%).

La percezione maggiore tra i fenomeni criminali in maggior aumento riguarda l’usura (27%). Il trend è più marcato nelle grandi città e al Sud, dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese. Seguono, poi, l’abusivismo (22%), racket (21%) e furti (21%).

L’esposizione delle imprese a racket e usura

Oltre ad essere percepito come il reato che aumenta di più, l’usura è anche un fenomeno che penalizza lo sviluppo delle imprese e frena la crescita.

  • L’11% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria zona di attività.
  • Il 17,7% degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a usura e racket. Un timore che è più elevato nelle grandi città e al Sud. Un timore che è più elevato nelle grandi città (22%), al Sud (19,1%) e per le imprese del commercio al dettaglio non alimentare (per il 20%).

L’atteggiamento degli imprenditori: denunciare o meno i fenomeni illegali?

Di fronte all’usura e al racket il 58,4% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe denunciare, il 33,6% dichiara che non saprebbe cosa fare,  il 6,4%  pensa di non poter fare nulla. Il dato è più marcato al Sud dove si rileva una sorta di polarizzazione dei comportamenti, con accentuazioni maggiori sia di imprenditori che sporgerebbero denuncia (66,7%) che di quelli che, al contrario, “non saprebbero cosa fare” (41%) o che pensano che “non ci sarebbe nulla da fare” (9,1%).

Una dicotomia determinata probabilmente dalla maggiore esposizione ai fenomeni criminali al Sud rispetto al Nord. Una minore propensione a denunciare si registra nelle città di medie e grandi dimensioni (intorno al 52% gli imprenditori che indicano la denuncia).

Nei centri abitati con meno di 10mila abitanti, invece, è più accentuata l’incapacità di reagire rispetto a questi fenomeni (il 42,1% degli imprenditori dichiara che non saprebbe cosa fare).

Consulta l’indagine completa su “Usura e fenomeni illegali

I costi dell’illegalità per le imprese

Inoltre, elaborazioni e stime dell’Ufficio Studi Confcommercio, su dati di varie fonti, registrano ad elevato rischio usura e altri eventi criminali siano circa 30mila imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Senza contare i costi dell’illegalità alle imprese. Basti pensare che la perdita annua del fatturato è pari al 6,3% e in termini di valore aggiunto a 4,7 miliardi di euro, a cui si aggiungono 195mila posti di lavoro regolari a rischio.

Entrando nel dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi. Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6 miliardi e i costi per la cyber criminalità a 2,8 miliardi.

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