16 febbraio 2023

Intervento di Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della BCE, in occasione dell’evento organizzato dal Centre for European Reform, dalla Delegazione dell’Unione europea nel Regno Unito e dall’Ufficio di rappresentanza della BCE a Londra

Sono lieto di essere qui con voi oggi a Londra.

Lo shock energetico provocato dall’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina ha prolungato e aggravato gli effetti di una serie di shock di offerta senza precedenti. Tali shock, unitamente alla riapertura dell’economia dopo la pandemia, hanno innalzato l’inflazione nell’area dell’euro su livelli persistentemente elevati .

Per evitare che l’alta inflazione si radicasse nell’economia europea, la BCE ha inasprito con decisione l’intonazione della sua politica monetaria al fine di scongiurare effetti di secondo impatto quali il disancoraggio delle aspettative d’inflazione o l’avvio di una spirale prezzi-salari.

Il riorientamento della nostra azione monetaria è iniziato nel dicembre del 2021. Dal luglio scorso abbiamo aumentato i tassi di 300 punti base. Abbiamo poi avviato la normalizzazione del nostro bilancio, riducendolo di circa 1.000 miliardi di euro dal suo picco massimo. Inoltre, a partire dal prossimo mese di marzo ridurremo di 15 miliardi di euro in media ogni mese la consistenza dei titoli detenuti nell’ambito del programma di acquisto di attività.

All’indomani di questa forte restrizione monetaria è necessario riesaminare le prospettive dell’inflazione nel medio termine, nonché i rischi ad esse associati. A tale riguardo, i rischi inflazionistici sono oggi più bilanciati rispetto a quando furono formulate le nostre proiezioni lo scorso dicembre.

Il contesto economico sta cambiando. Gli shock di offerta emersi nei mesi scorsi si stanno riassorbendo, come si evince sia dal calo dei prezzi delle materie prime energetiche e alimentari rispetto ai massimi dello scorso anno, sia dall’allentamento delle strozzature all’offerta di beni e servizi. Ma ci vorrà del tempo prima che questi miglioramenti possano riflettersi pienamente sui prezzi al dettaglio nell’intera economia e, in ultima analisi, sull’inflazione di fondo (core inflation).

Ci troviamo in una fase di elevata incertezza di natura sia economica sia geopolitica a livello mondiale. Inoltre, le principali banche centrali stanno simultaneamente inasprendo la propria politica monetaria, con effetti complessivi difficili da valutare.

Nell’area dell’euro i tassi di mercato sono aumentati in misura significativa e i prestiti bancari stanno rallentando vistosamente. Gli investimenti delle imprese e quelli nell’edilizia residenziale si sono già indeboliti, ma gli effetti dei nostri impulsi di politica monetaria sulla domanda interna saranno avvertiti appieno soltanto nei prossimi trimestri.

Nel mio intervento odierno sosterrò che in un simile contesto la BCE non dovrebbe vincolare in modo incondizionato la sua politica monetaria futura. Dobbiamo invece adottare strategie monetarie orientate al medio termine, dipendenti dagli andamenti della congiuntura e in grado di adattarsi ai mutamenti del quadro economico.

Un tale approccio va applicato comunicando con chiarezza i contorni della “funzione di reazione” della politica monetaria e ispirando le nostre decisioni a quella stessa funzione di reazione. Ciò richiede di definire le nostre misure di politica monetaria in funzione delle informazioni che si renderanno via via disponibili circa le prospettive dell’inflazione nel medio termine, tenendo conto dei rischi che le circondano.

Dovremo mantenere l’intonazione restrittiva della nostra politica monetaria fintantoché non vedremo l’inflazione convergere saldamente verso il 2 per cento nel medio termine, avendo presenti i ritardi con cui la politica monetaria influenza le variabili economiche e finanziarie.

Nella fase in cui abbiamo normalizzato il livello dei tassi ufficiali la velocità dell’aggiustamento ha assunto un’importanza fondamentale. Ma ora che le condizioni monetarie stanno divenendo più restrittive, diventano a mano a mano più rilevanti l’entità e la durata della stretta monetaria. Modificando i tassi con gradualità – procedendo a piccoli passi – potremo definire entrambe queste variabili con precisione.

Questa strategia ci consentirà di tornare al nostro obiettivo senza ritardi ingiustificati. E ci consentirà di farlo a costi minimi per l’economia e per l’occupazione, riducendo il rischio di una stretta eccessiva.

L’incertezza del contesto economico

L’incertezza che caratterizza l’attuale contesto economico rende arduo formulare previsioni circa l’andamento dell’inflazione.

Nelle proiezioni formulate lo scorso dicembre dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive dell’inflazione nel medio termine sono state riviste significativamente al rialzo. L’inflazione complessiva si attesterebbe al 3,4 per cento nel 2024 per poi scendere al 2 a partire dal terzo trimestre del 2025 (figura 1). L’inflazione di fondo rimarrebbe al di sopra del nostro obiettivo per tutto l’orizzonte di previsione (2023-25), per poi diminuire in media al 2,4% entro il 2025. I rischi inflazionistici venivano visti principalmente al rialzo.

Le ipotesi alla base delle proiezioni possono però mutare rapidamente. In effetti, i sondaggi condotti di recente presso gli operatori e le previsioni diffuse nei giorni scorsi della Commissione europea collocano l’inflazione significativamente al di sotto delle nostre proiezioni di dicembre relative al 2024. E i rischi sono divenuti più bilanciati.

I vantaggi di una politica monetaria basata sui dati

Ci sono momenti in cui è conveniente impegnarsi a seguire una specifica linea di politica monetaria nel futuro – questa è la cosiddetta forward guidance. Ciò è vero, ad esempio, quando l’economia è esposta a rischi di deflazione e i tassi d’interesse si collocano al loro limite inferiore. E può essere vero anche in presenza di rischi inflazionistici: ad esempio, quando le prospettive d’inflazione cambiano con rapidità e l’orientamento della politica monetaria diviene chiaramente inadeguato, l’impegno a normalizzare rapidamente i tassi può contribuire ad ancorare le aspettative di inflazione.

Ma oggi siamo in una situazione ben diversa. La politica monetaria ha già compiuto un notevole aggiustamento, e ci troviamo ad affrontare rischi inflazionistici in entrambe le direzioni. Inoltre, attualmente non vi sono vincoli alla possibilità di utilizzare la leva dei tassi di interesse per riportare l’inflazione al nostro obiettivo. La forward guidance non è quindi necessaria: essa equivarrebbe di fatto a legarsi le mani in un momento in cui le prospettive d’inflazione possono cambiare rapidamente.

In tali circostanze, è preferibile adottare una politica monetaria realmente fondata sui dati, che consenta di reagire con tempestività ai mutamenti dell’economia. Un tale approccio ci darebbe inoltre il tempo per constatare gli effetti delle nostre decisioni – una valutazione oggi assai difficile.

Date l’entità e la rapidità dell’aggiustamento monetario attuato sinora, resta da vedere quanto rapidi e forti saranno gli effetti sull’economia.

Prime evidenze suggeriscono che i tassi attivi bancari stiano aumentando più rapidamente rispetto alle precedenti fasi di rialzo, in linea con il rapido aumento registrato anche dai tassi ufficiali. A loro volta, i prestiti a famiglie e imprese stanno decelerando rapidamente.

Conclusioni

Lo shock energetico che ha colpito l’economia europea in concomitanza con la riapertura dell’economia dopo la pandemia ha generato un’inflazione elevata. Sono emersi rischi di disancoraggio delle aspettative di inflazione e di una rincorsa prezzi-salari.

La BCE ha risposto inasprendo con decisione l’intonazione della politica monetaria, al fine di evitare che l’alta inflazione potesse radicarsi nell’economia europea.

Tuttavia, con l’attenuazione dello shock energetico e a seguito dell’aumento dei nostri tassi ufficiali, oggi prossimi a valori restrittivi, i rischi inflazionistici sono oggi più equilibrati rispetto alle scorse settimane. Nel contempo, le prospettive per l’economia e l’inflazione si sono fatte più incerte sia a livello globale sia nell’area dell’euro.

In un tale contesto non è più necessario porre enfasi unicamente sui rischi inflazionistici al fine di evitare gli scenari peggiori. Occorre invece considerare il rischio che la stretta monetaria risulti eccessiva, oltre all’eventualità che la nostra azione possa rivelarsi insufficiente.

Una politica monetaria fondata sui dati, saldamente ancorata alla nostra funzione di reazione, ci consentirà di comunicare con chiarezza la direzione di marcia e di fornire agli operatori le indicazioni necessarie senza accentuare la volatilità dei mercati.

Dobbiamo procedere con gradualità, al fine di evitare costi eccessivi per l’economia reale.

Questo non significa che non agiremo con decisione nella nostra lotta all’inflazione. Significa che ci muoveremo con decisione nella giusta direzione. Non dobbiamo “guidare come un pazzo a fari spenti nella notte”.

Grazie dell’attenzione.

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