Nota dal CSC – di Gianluca Fiorindi, Cristina Pensa, Matteo Pignatti, Chiara Puccioni
Il Centro Studi Confindustria ha identificato con un elevato livello di dettaglio merceologico le dipendenze critiche delle catene di approvvigionamento dei paesi UE dall’estero
- La tensione tra apertura commerciale e autonomia nazionale emerge nei periodi di più rapida trasformazione, come quello attuale, guidata dall’aumento delle distanze geopolitiche tra paesi e dalla doppia transizione economica, green e digitale.
- Il modello di sviluppo italiano è fondato sull’attività manifatturiera, cioè di trasformazione di materie prime e semilavorati, anche importati. Più di un terzo del manifatturiero italiano partecipa alle catene globali del valore, che amplificano gli effetti degli shock tra nodi produttivi.
- Il Centro Studi Confindustria ha identificato con un elevato livello di dettaglio merceologico le dipendenze critiche delle catene di approvvigionamento dei paesi UE dall’estero. In questa Nota, il focus è sulle forniture dell’industria italiana di input intermedi e beni di investimento.
- L’individuazione dei prodotti critici è ottenuta selezionando tra i prodotti importati quelli che sono più vulnerabili sulla base di tre criteri: pochi fornitori extra–UE e con una elevata quota di mercato in Italia, scarsa sostituibilità con l’export italiano e con gli scambi intra-UE.
- Da questa prima selezione, risultano 333 prodotti critici, per i quali l’industria risulta stabilmente vulnerabile negli ultimi anni, che rappresentano circa il 9% del valore dell’import italiano (circa 17 miliardi di euro).
- La filiera industriale più interessata è quella delle commodity, chimica ed energia, seguita dai trasporti; come varietà di prodotti si aggiungono anche il tessile e i metalli. La Cina è di gran lunga il maggiore fornitore di prodotti critici per l’industria: 25% in valore (principalmente ICT) e 22,5% in varietà (soprattutto nel tessile).
- In secondo luogo, si aggiungono due ulteriori criteri di selezione, legati alla strategicità e al fattore geopolitico. Un prodotto si definisce strategico per un paese se è indispensabile per le transizioni green e digitale o per la sicurezza nazionale o per la tutela della salute delle persone. Inoltre, è importante quantificare anche i rischi politici e climatici nei paesi di fornitura (in base agli indicatori SACE).
- Dei prodotti critici per l’industria italiana, poco meno della metà si può definire strategica, per oltre 10 miliardi di euro (61% dell’import critico). Si tratta principalmente di minerali, metalli o altre materie prime (coinvolti nella transizione verde) e di prodotti farmaceutici e principi attivi.
- Quasi la metà delle forniture critiche dell’industria italiana si può definire ad alto rischio geo-politico o climatico, soprattutto nelle filiere dei trasporti, del tessile e dell’agroalimentare, e anche dell’ICT, media e computer.
- Intersecando i criteri di selezione per strategicità e per rischio, infine, otteniamo una lista finale di 62 prodotti fortemente critici per l’industria italiana, che attivano circa 5 miliardi di import (ben il 38,5% di quello critico). Riguardano soprattutto le filiere dell’ICT e dei trasporti.
- Nella definizione delle politiche europee è necessario individuare le criticità del sistema industriale, distinguendo tra materie prime e semilavorati, per promuovere scelte strategiche. Occorre: favorire l’integrazione europea nei segmenti di mercato già coperti (estrazione, trasformazione, prodotti finiti); definire obiettivi “tecnologicamente” raggiungibili, con lo stanziamento di risorse adeguate; rafforzare le filiere prioritarie, anche grazie ad accordi di collaborazione industriale con paesi terzi.